Matisse, l’arte vera solleva lo spirito
In questa intervista il pittore francese racconta l’idea della Cappella di Vence «Cercavo la sintesi del mio lavoro e volevo dare a chi entra un senso di leggerezza. Non dunque: “fratelli, bisogna morire”, ma “fratelli, bisogna vivere”» Perché avete decorato la cappella di Vence?
«Perché da molto tempo volevo sintetizzare il mio contributo. Allora ho colto questa occasione. Ho potuto fare, nello stesso tempo, del-l’architettura, delle vetrate, dei grandi disegni murali su ceramiche, e riunire tutti questi elementi, fonderli in un’unità perfetta. Ho dotato questa cappella di una cuspide che ha più di dodici metri di altezza. E questa cuspide – in ferro forgiato – non appesantisce la cappella ma, al contrario, le dona altezza. L’ho fatta come un disegno – un disegno su un foglio di carta – ma è un disegno che cresce. Quando si vede una ciminiera che fuma, verso la fine della giornata, si osserva questo fumo che sale e sale… e non si ha affatto l’impressione che si fermi. È un po’ il senso che ho voluto dare con la mia cuspide. Lo stesso per l’interno, per l’altare: il sacerdote è collocato davanti al pubblico. Occorreva dunque decorare l’altare in modo leggero, allo scopo di permettere all’officiante di vedere i suoi fedeli e ai fedeli di vedere lui. Vi è, dunque, in ogni elemento una leggerezza che corrisponde a questo bisogno. La leggerezza consente un sentimento di rilassamento, di elevazione; tanto che la mia cappella non è: “fratelli, bisogna morire”. Al contrario: “fratelli, bisogna vivere!”».
Georges Charbonnier,
avvenire.it,
02/10/14